Il parco marino di Redang

(Agosto 1997)

 

Il 23 di Agosto lasciamo Kapas di buon mattino. Ritroviamo il bellissimo Kampung di Marang, il quale ci appare ancor più variopinto con le sue molteplici imbarcazioni ormeggiate, e saliamo sul primo autobus di passaggio. Una quarantina di minuti dopo siamo nuovamente alla stazione di Kuala Terengganu, quest’oggi più caotica e confusionaria. Decidiamo quindi di accelerare i tempi, contrattando la corsa in taxi fino a Merang, piccolo villaggio situato a nord, che raggiungiamo in poco più di mezz’ora. Prima di giungere al molo, troviamo un check-point della catena Berjaya, destinato per lo più ai turisti dei viaggi organizzati, mentre noi, pur disponendo della prenotazione nel medesimo resort sull’isola di Redang, non abbiamo incluso il trasferimento. La compagnia malese dispone di un proprio catamarano che trasporta i clienti sull’isola e potremmo usufruirne anche noi, pagando ovviamente la corsa, ma preferiamo affidarci ad una specie di pirata che ci adesca appena mettiamo piede sul molo, il quale, dopo innumerevoli contrattazioni, ci trasporta velocemente su un potente fuoribordo. Dopo una quarantina di minuti di ripetuti spruzzi, intravediamo l’arcipelago di Redang, ed approdiamo sulla principale delle isole, da cui appunto prende il nome. Appena sbarcati ci viene incontro un impiegato del Berjaya che, dopo aver visionato il nostro voucher, ci porge il benvenuto e ci invita ad attendere gli altri passeggeri, che da lì a pochi minuti sarebbero giunti sull’isola a bordo del catamarano. Attraversiamo il pontile che divide la banchina dalla terraferma, passeggiando proprio a fianco di un villaggio su palafitte abitato da pescatori . Si tratta di un villaggio tradizionale, non menzionato dalle guide e lontano dall’essere un’attrattiva turistica. Ci colpiscono molto dei bambini che giocano felicemente in acqua, senza tante pretese e giocattoli sofisticati. Veniamo condotti al nostro albergo a bordo di un minivan, percorrendo l’unica strada dell’isola, lunga grosso modo un paio di chilometri, la quale collega appunto l’imbarcadero con l’hotel. Lungo il percorso notiamo un cantiere, e ci viene spiegato che le case in costruzione saranno occupate dai pescatori del villaggio su palafitte, il cui Kampung viene letteralmente devastato ogni anno dai monsoni. Inoltre, gli abitanti del villaggio stanno gradatamente abbandonando il mestiere di pescatori, per dedicarsi a quello più redditizio del settore turistico, impiegandosi nei vari hotel, ed improvvisandosi guide in un arcipelago che si sta lentamente consacrando al turismo. Egoisticamente pensiamo di essere “forse” fortunati, potendo ancora osservare un lembo d’Asia che lentamente sta scomparendo, ma il nostro dubbio viene immediatamente dissipato quando, dopo pochi metri, intravediamo parte del campo da golf a nove buche che fa parte del Berjaya Redang Golf & Spa Resort, distaccamento del nostro hotel, prevalentemente indicato per chi ama questo sport, ma che in realtà non possiede spiaggia, come intravediamo quando il minivan si ferma, facendo scendere alcuni ospiti. Qualche centinaio di metri più avanti, finalmente arriviamo alla nostra meta.

Il Berjaya Redang Beach Resort è spettacolare. Ci viene assegnato un bungalow spaziosissimo, dotato di ogni genere di comfort, il cui stile rispecchia quello delle classiche case malesi su palafitte. Ma la cosa che più c’interessa è ovviamente il mare, e così scendiamo subito in spiaggia, la quale ci appare incredibilmente bella. Certo, si potrebbe obiettare circa l’impatto devastante, che la costruzione del resort avrà indubbiamente avuto sull’ambiente, ma la Teluk Dalam Kecil, la scenografica baia su cui sorge il Berjaya, è di una bellezza difficile da descrivere. Il mare, dalle trasparentissime acque sempre calme, lambisce una luminosa spiaggia a forma di mezzaluna, sulla quale si ergono maestose alcune altissime ed affusolate palme da cocco. Ci tuffiamo immediatamente in acqua, dapprima nuotando tranquillamente e godendo dell’incomparabile visuale in lontananza del resort, seminascosto dalla palme, poi effettuando uno snorkeling a dir poco superlativo. Sul lato sinistro della spiaggia, s’innalzano alcune imponenti rocce, sotto le quali troviamo una serie interminabile di coralli vivi, ed una miriade di pesci di varie specie, compresi degli squaletti talmente belli da apparire finti. Incredibile, uno straordinario snorkeling a poche pinnate dal nostro bungalow, questo è quanto si prospetta nella prossima settimana. Confesso che l’entusiasmo arriva alle stelle, poiché Redang non rientrava nei nostri progetti, ma da quello che vediamo, l’isola è a dir poco eccezionale. La sera ceniamo lautamente, usufruendo dell’ottimo buffet offerto dall’unico ristorante del resort, dopodiché, considerato che il Berjaya sorge solitario nella parte nord dell’isola, e che non c’è la minima forma di animazione, non ci resta niente di meglio che addormentarci.

Il giorno seguente, imbocchiamo una piccola stradina sterrata che parte vicino al pontile del resort, sulla parte destra della spiaggia. Dopo aver agevolmente superato alcune rocce, i nostri occhi osservano l’impossibile. Quella che vediamo è la classica cartolina tropicale. Teluk Dalam Besar, questo è il magico nome della candida e solitaria spiaggia poco distante dal nostro albergo, il cui rigoglioso palmeto che la delimita, arriva quasi fino al mare. Alle sue spalle inizia la giungla, che occupa sostanzialmente l’interno dell’isola. In questi giorni torneremo spesso su questa spiaggia, compiacendoci di una solitudine difficilmente riscontrabile in altri posti. Spesso, entrando nella calme acque, il cui colore varia dal blu cobalto al verde smeraldo a seconda della posizione del sole e delle nuvole, si viene mordicchiati da minuscoli pesci, che sembrano divertirsi a darci fastidio, quasi a volerci ricordare che siamo ospiti in un territorio di loro competenza. La Teluk Dalam Besar è il luogo delle nostre riflessioni, dove, lontano da tutto e da tutti, ripensiamo al nostro viaggio, ma anche all’Italia, ai nostri cari, alle nostre attività, ai nostri progetti, alle nostre preoccupazioni, e tutto ci appare così lontano, così distaccato da questa immensa quiete, da questo piccolo eden senza tempo.

Nel pomeriggio raggiungiamo in pochi minuti di barca Pulau Pinang, sede del parco marino. Redang, come già scritto, non è un’unica isola, ma un arcipelago composto da nove isole, dalla cui principale prende il nome: Redang, Pinang, Ling, Ekor Tebu, Kerengga Kechil, Kerengga Besar, Paku Kechil, Paku Besar e Pulau Lima. L’arcipelago è stato dichiarato parco marino nel 1994, appositamente per proteggere il prezioso ecosistema, il quale conserva ben 58 varietà di alghe marine e 100 differenti tipi di coralli, oltre ovviamente innumerevoli specie di pesci. Certo, mentre approdiamo sulla spiaggia di Pulau Pinang e visitiamo il centro informazioni, osservando delle tavole che illustrano le bellezze marine presenti nell’arcipelago, non possiamo fare a meno di chiederci che senso avesse, costruire un resort come il Berjaya in un paradiso del genere, ma poi comprendiamo che la ferrea regola del business non si ferma purtroppo dinnanzi a niente, ed onestamente non pensiamo che Redang rimarrà a lungo così, come abbiamo modo di ammirarla oggi. Poco vicino il centro informazioni, imbocchiamo un sentiero che si snoda attraverso molteplici piante tropicali, fino a condurci in cima ad una collinetta, dove osserviamo con meraviglia l’intero arcipelago, il quale offre un colpo d’occhio sensazionale, mentre a breve distanza dal molo, troviamo invece una lunga spiaggia costituita da coralli morti. Ancora intensi attimi di solitudine, di sospirata quiete, mentre il cielo si sta lentamente annuvolando, velando la visuale del villaggio di pescatori sull’isola opposta, che contempliamo mentre l’acqua ci bagna la vita. Appare tutto così irreale, così disgiunto dalla solita routine quotidiana, dal nostro traffico metropolitano, dalle nostre irrequietezze, forse legate ad un sistema che ci è stato imposto, e vorremmo rimanere qui per sempre, semplicemente inondati da questa limpida acqua calda, circondati da questa coinvolgente e strepitosa natura.

Il mattino successivo partecipiamo ad un giro in barca, prevalentemente finalizzato allo snorkeling. Abbiamo modo di ammirare gli altri lati dell’isola di Redang, osservando l’alternarsi di pareti rocciose, a solitarie spiagge immacolate d’incomparabile bellezza, presso le quali la barca si ferma, consentendoci di effettuare un memorabile snorkeling. Così trascorriamo la giornata, perdendoci nella magia dei fondali incantati di quest’isola, ricchi di coralli, pesci pagliaccio, pesci angelo, o di enormi cernie, che incredibilmente nuotano a pochi metri dalla riva, come accade nella Pasir Bujang, una spettacolare baia dove in alcuni mesi dell’anno vengono a deporre le uova i grandi esemplari di tartaruga verde. Siamo esterrefatti, quasi commossi da tale bellezza, da quest’incredibile esplosione di colori, ma soprattutto dall’opportunità di poter ammirare codeste meraviglie della natura.

Trascorrono i giorni, abbreviando la nostra permanenza sull’isola, che si diverte a regalarci quotidianamente sprazzi di un magico universo. Così, spesso facciamo snorkeling proprio davanti al nostro cottage, spesso andiamo a meditare sulla spettacolare ed isolata Teluk Dalam Besar, a volte noleggiamo un kayak, che ci consente di allontanarci autonomamente e di ammirare integralmente la trasparenza di questo incredibile mare, ma anche di raggiungere delle piccole insenature deserte, perché, sebbene il Berjaya annoveri diversi bungalow, le spiagge che raggiungiamo giornalmente, sembrano ricevere unicamente la nostra presenza.

Il nostro passatempo serale consiste nel guardare il cielo, il quale sembra comprendere un’infinità di stelle, che appaiono splendenti come non mai, mentre il profumo del mare sembra augurarci dolcemente la buonanotte. Abbiamo anche la tv in camera, ed il notiziario locale continua a parlare di questa grande crisi economica che ha colpito l’Asia, lanciando seralmente dei preoccupanti segnali di allarme per questa nazione così ambiziosa.

L’ultimo giorno della nostra permanenza ci facciamo condurre a Pulau Lima, che raggiungiamo in circa venti minuti di motoscafo. Mentre ci allontaniamo velocemente da Redang, ci chiediamo quale, tra le diverse isole che si stagliano all’orizzonte sarà Lima, fino a quando non puntiamo diretti su una di esse, ed il malese che ci accompagna spegne il motore ad una trentina di metri dalle sue coste. Eccola Pulau Lima, una piccola isola rocciosa, con qualche palma che sembra esser stata trapiantata lì casualmente. Il motoscafo scivola dolcemente su un mare che presenta la trasparenza del cristallo, dove infiniti gruppi di vivaci coralli quasi fuoriescono dall’acqua, ed arrivano praticamente sino a riva, tanto che dobbiamo sbarcare diversi metri prima. Il ragazzo ci chiede quanto tempo desideriamo trattenerci e gli diciamo di tornare tra quattro ore. Si, in questo lasso di tempo resteremo soli su quest’isola, la “nostra isola”, sperduta nel Mar Cinese Meridionale. Adagiamo il nostro zainetto all’ombra di una palma e facciamo un giretto orientativo, constatando subito l’assenza di vere e proprie spiagge, considerata l’alta concentrazione di rocce. Da una piccola caletta costituita da coralli morti e conchiglie, iniziamo quindi il nostro snorkeling, tra incredibili variopinte formazioni coralline, e coloratissimi pesci tropicali. Restiamo fortemente colpiti da alcuni coralli blu e da un paio di tartarughe che, a pochi metri dalla riva, scivolano teneramente verso l’azzurro fondale degradante verso il basso. Ci allontaniamo di diversi metri, anche perché, quella che si presenta ai nostri occhi, è un’immensa prateria da esplorare costituita da coralli, spesso situati a bassa profondità. All’improvviso il suggestivo silenzio nel quale siamo assorti è rotto dalla urla di Patrizia, la quale mi sta chiamando a squarciagola. Distolgo quindi lo sguardo da uno splendido pesce che stava giocando a nascondino tra i coralli, per guardare cosa accade sopra il pelo dell’acqua e vedo mia moglie gridare intimorita ad una ventina di metri di distanza: “Bene…, uno squalo… è veramente grosso… torna indietro”. L’acqua è talmente limpida che riesco chiaramente a distinguere una pinna e torno decisamente verso riva, mentre Patrizia nel frattempo ha già fatto la stesso. Ancora una volta la Malaysia ha deciso di emozionarci e sorprenderci con la sua esuberante natura. Se a Tioman c’eravamo impauriti trovandoci faccia a faccia con uno squalo, qui ci siamo veramente terrorizzati, poiché l’isola è disabitata, non c’è anima viva nel raggio di qualche chilometro, ed il nostro amico verrà a riprenderci solo all’orario convenuto. Non oso minimamente pensare cosa avremmo potuto fare in caso di aggressione da parte dello squalo. Ci sediamo quindi su una minuscola spiaggetta, ammirando compiaciuti decine di conchiglie dalle svariate forme e dimensioni, mentre all’improvviso notiamo un motoscafo in lontananza e capiamo che sono già trascorse quattro ore. Saliamo a bordo, da dove osserviamo ancora una volta gli immensi giardini di corallo che circondano l’isola, poi, una volta acceso il motore, ci allontaniamo fissando Pulau Lima, che lentamente andrà a confondersi con gli altri isolotti dell’arcipelago.

Approdiamo quindi sulla Pasir Panjang Beach, l’unica altra spiaggia popolata di Redang, dopo quella sulla quale sorge il Berjaya. Qui, sono presenti alcuni piccoli hotel più o meno spartani, poco distanti l’uno dall’altro. Trascorriamo un paio d’ore su questa bella spiaggia, abbastanza popolata, ma ugualmente ricca di fascino, dopodiché rientriamo al nostro albergo, dove trascorriamo l’ultimo pomeriggio facendo snorkeling, e ritrovandoci ancora una volta in completa solitudine sulla meravigliosa Teluk Dalam Besar. La sera il giovane chef australiano propone un sontuoso buffet a base di aragoste e frutti di mare, quasi a voler accrescere intenzionalmente il nostro rammarico.

Dopo cena ci sediamo per l’ultima volta in riva al mare, questa sera più silenzioso che mai, da dove ammiriamo malinconicamente lo sconfinato cielo stellato di Redang, un’isola che ci ha fatto sognare.