Birmania 2019-2020, appunti di viaggio.

 

Approdiamo in questo paese con almeno una decina di anni di ritardo, ma, ciò nonostante, e malgrado si notino indiscutibili segni di progresso impensabili appena poco tempo addietro, quello che ci ha colpiti sin da subito è stata la gente, cordiale, genuina, spontanea nella maggior parte dei casi e quasi sempre sorridente.

 

Informazioni Pratiche

La moneta locale è il Kyat.

1600 Kyat ammontano ad un euro scarso.

Largamente diffusi negli hotel i dollari statunitensi.

Al di fuori del Myanmar i Kyat non vengono commercializzati, pertanto è indispensabile riconvertirli prima di lasciare il paese.

Esempio prezzi nei ristoranti locali: un piatto di riso saltato con gamberi, noodles saltati con gamberi, gamberi fritti in salsa piccante, un red snapper alla griglia, acqua e birra per un totale di 25.500 Kyat, ovvero circa 15 euro in tre.

All’arrivo a Yangon ho acquistato una sim locale Mytel voce e dati  da 15GB, pagandola poco meno di 8 euro. Conviene, poiché sovente il wi-fi negli hotel non funziona granché bene.

Per entrare nel Myanmar è obbligatorio richiedere il visto prima della partenza.

Si può richiedere online al sito ufficiale https://evisa.moip.gov.mm/ previo pagamento tramite carta di credito di 50 dollari statunitensi. All’atto della richiesta occorre anche caricare nel modulo di compilazione una fototessera formato 35x45 mm. Personalmente, a tal fine ho utilizzato la pratica app gratuita denominata “La fototessera”.

https://apps.apple.com/it/app/la-fototessera/id759142884

https://play.google.com/store/apps/details?id=jp.gr.java_conf.siranet.idphoto&hl=it

Il visto vale tre mesi dalla data di rilascio, consentendo ai viaggiatori di soggiornare fino ad un massimo di quattro settimane dalla data d’ingresso.

Il paese annovera 2 aeroporti internazionali, quello di Yangon, dove sbarcano la maggioranza dei visitatori e quello di Mandalay.

Al di fuori delle compagnie dell’estremo oriente, l’unica che atterra direttamente a Yangon partendo dall’Italia è la Qatar via Doha.

Per visitare i templi di ogni importanza e dimensione è obbligatorio togliere scarpe e calze. Abbiamo trovato a tal fine molto valido indossare delle pratiche crocs durante l’intero viaggio, essendo facili da lavare, ed offrendo comunque anche una maggiore protezione in determinate situazioni rispetto a delle semplici infradito.

Alle donne non è consentito salire sugli altari dove sono solitamente collocate le statue di Buddha, né ovviamente tantomeno poter collocare sugli stessi le tipiche foglie d’oro.

 

Curiosità

La maggior parte degli uomini e donne indossano il Longyi, tradizionale pareo largo circa 2 metri e lungo poco meno di un metro.

La maggior parte delle donne usa cospargere il viso con il Thanaka, una crema giallo chiaro ottenuta dalla corteccia di alcuni alberi, largamente usata nel paese, il cui scopo è quello di proteggere, rinfrescare, profumare e purificare la pelle. Molto utilizzata anche sui bambini.

In un'altissima percentuale i birmani, uomini e donne, usano masticare la noce di betel, mescolandola a tabacco ed altre sostanze. Si tratta di uno stimolante grazie alla presenza di Arecolina, che aiuta quindi a sentire meno la stanchezza. Alcuni autisti conosciuti mi dicevano infatti di utilizzarla spesso nelle lunghe tratte. Il consumo prolungato porta a macchiare bocca e denti color rosso, facendoli anche spesso cadere.

 

Viaggio

L’itinerario più comune e collaudato tra la maggior parte dei visitatori che visitano la Birmania, consiste sostanzialmente in un circuito che si snoda tra Yangon, Il Monte Kyaiktiyo, meglio conosciuto come Golden Rock, il Lago Inle, Bagan, il Mount Popa, Monywa e Mandalay, talvolta con un'estensione balneare finale sulla Ngapali Beach. Esistono poi a livello turistico altre località meno conosciute, come Mrauk U, il secondo sito archeologico più famoso del Myanmar, attualmente non visitabile a causa del conflitto in atto con i Rohingya, oltre a dei circuiti mirati a visitare determinate minoranze etniche.

Noi, per una questione di tempo, abbiamo saltato la Golden Rock, preferendo trascorrere subito all’arrivo qualche giorno al mare, visitando quindi nell’ordine Ngapali Beach, Yangon, il Lago Inle, Bagan, e Mandalay. Transitando per Bangkok, siamo potuti atterrare all’andata su Yangon e ripartire al ritorno da Mandalay, coprendo le tratte tra il Myanmar e la Thailandia con la Thai Smile, sottocompagnia low cost della Thai Airways. In questo modo abbiamo evitato di tornare a Yangon a fine viaggio.

Disponendo di pochi giorni, al fine di ottimizzare i tempi, ho prenotato gli alloggi per mio conto e mi sono avvalso di un’agenzia locale per organizzare le varie visite private ed i relativi spostamenti, tranne a Bagan, che abbiamo invece visitato autonomamente.

Dopo aver sondato varie agenzie, la scelta è ricaduta sulla Crystal Zone Myanmar Travel http://www.myanmarcrystalzonetravel.com/ della simpaticissima titolare Soe Moe, la quale ci ha personalmente fatto da guida a Yangon e Mandalay. Soe Moe, che parla un’ottimo italiano e con cui ci eravamo spesso scambiati varie e-mail e messaggi tramite WhatsApp, più un paio di telefonate, oltre che estremamente disponibile in fase preliminare, si è dimostrata sul posto una persona alquanto splendida e veramente desiderosa di far conoscere ai visitatori il proprio magnifico paese.

Sempre al fine di ottimizzare il soggiorno, in considerazione dei lunghi tempi di percorrenza su strada tra le varie località visitate, ci siamo spostati internamente tramite comodi e rapidi voli interni, tutti effettuati da ATR72, tra l’altro anche abbastanza economici e puntuali, ma volendo, si potrebbe anche viaggiare di notte a bordo degli autobus locali, risparmiando ovviamente molto, considerato che si dormirebbe anche a bordo. Le procedure aeroportuali sono ovunque molto veloci, anche negli aeroporti più grandi come Yangon e Mandalay. In ogni aeroporto, una volta atterrati, è necessario far ricontrollare i passaporti, ed i visti timbrati all’entrata nel paese. Il tutto avviene in pochi minuti, mentre tra l'altro si aspetta che vengano scaricati a mano i propri bagagli, considerato che i nastri trasportatori sono presenti nei soli aeroporti di Yangon e Mandalay.

 

Esempi tempi di percorrenza:

Yangon - Lago Inle : autobus 11-12 ore. Aereo 1 ora

Lago Inle - Bagan: autobus 7-8 ore. Aereo 45 minuti

Bagan - Mandalay: autobus 3,5 - 4 ore. Aereo 25 minuti.

 

Ngapali Beach, raggiungibile atterrando all’aeroporto di Thandwe, malgrado non presenti un mare sensazionale, è davvero magnifica. Una spiaggia amplia e lunghissima, apparentemente deserta malgrado il susseguirsi di strutture ricettive, affusolate palme da cocco, piccole barche al largo che pescano i gustosi frutti di mare serviti nei ristoranti locali, donne e bambini con il volto cosparso dal Thanaka, poi, soprattutto, gli innumerevoli “Mingalabar”, il tipico saluto birmano, pronunciato a profusione. Ngapali ci ha accolti così, contraddistinguendosi sin da subito per una superlativa tranquillità, scandita principalmente dalle placide onde del mare. Qui parrebbe abbiano provato in largo anticipo ad attrezzarsi per ricevere un discreto impatto turistico, che tuttavia sembra non essere mai arrivato. Giovani donne vendono frutta tropicale per pochi centesimi, ed alcuni barcaioli propongono timidamente escursioni al largo delle acque del golfo del Bengala. Nessuno, però, aldilà del consueto “mingalabar”, è mai insistente.

Il tratto migliore, con l’acqua più trasparente, è mio avviso quello ubicato all’altezza dei resort Sandoway ed Amata, dai quali, continuando a passeggiare sulla spiaggia con il mare rivolto sulla destra, si arriva dopo circa un chilometro in un caratteristico villaggio di pescatori, nel quale l’attività prevalente da parte delle donne è quello di prendersi cura del pesce pescato dagli uomini da essiccare al sole.

 

Le principali attrattive di Yangon, vale a dire la Chaukhtatgyi Paya caratterizzata dall’enorme Buddha disteso, la Ngathatgyi Paya con il Buddha seduto, la Botataung Pagoda, il Bogyoke market, la Sule Pagoda, ubicata al centro di un’enorme e trafficata rotatoria stradale, e l’imperdibile quanto favolosa Shwedagon Pagoda, possono essere visitate in giornata. Programmare un giorno in più per visitare ad esempio Dala, ubicata dall’altra parte dello Yangon River, e per fare un giretto sul Circular train. Nella caotica e trafficatissima Yangon, la sera non c’è molto movimento e la via dove trovare un po’ di vita locale, con tavoli all’aperto e piccoli ristorantini che grigliano pietanze varie è la 19th street. Dopo aver ordinato da bere e da mangiare, ci si accomoda in dei tavoli in comune e si socializza con i cordiali giovani di Yangon.

 

Tramite un rapido volo, da Yangon siamo atterrati ad Heho (aeroporto di riferimento per il Lago Inle), da cui ci siamo subito spostati in circa un’ora e mezza di auto alla volta di Pindaya e della Shwe Oo Min Pagoda, caratterizzata da una serie di grotte comunicanti conosciute come Pindaya Caves, al cui interno, tra anfratti e stalattiti, sono state collocate nel corso degli anni oltre ottomila statue di Buddha. In un’oretta circa di minivan, dopo aver visitato lo splendido Shwe Yaunghwe Kyaung, monastero costruito interamente in teak, che ospita i monaci novizi, abbiamo quindi raggiunto Nyaungshwe, principale paesino dove si concentrano guest houses, piccoli hotel, e ristorantini, che accolgono la maggior parte dei turisti che visitano il lago Inle.

Il giorno successivo, a bordo di una lancia abbiamo effettuato un full day sul magnifico Lago Inle, visitando alcuni villaggi ubicati sulle sue sponde o collocati nei lunghi canali che si diramano dallo stesso. Qui lo spettacolo è assicurato, tra agglomerati d palafitte, orti galleggianti, pescatori che remano con una gamba, a proposito dei quali, andrebbe precisato che quelli con le nasse, solitamente vestiti con una sorta di divisa beige sono finti e tendono a mettersi in posa al mero scopo di lucrare una mancia. Tappa irrinunciabile, che non dovrebbe mai mancare nel corso di un'escursione sul lago è il villaggio di Indein, il quale, malgrado presenti gli inequivocabili segni di una cospicua presenza turistica, grazie alle molteplici bancarelle presenti, annovera una serie di stupa alquanto suggestivi. Il primo gruppo, collocato subito dopo il mercatino, chiamati Nyaung Ohak, non sono stati restaurati e si presentano spesso magicamente avvolti nella circostante vegetazione, in una sorta di luogo fiabesco degno di una pellicola di Indiana Jones. Con una breve passeggiata in salita si raggiunge quindi la Shwe Inn Thein Pa­ya, gradevole pagoda dove alcuni stupa sono stati invece ricostruiti, offrendo un colpo d'occhio d'insieme alquanto suggestivo. Altro luogo degno di nota è la Phaung Daw Oo Paya, grandea pagoda localmente molto venerata, contenente 5 statue di Buddha sostanzialmente irriconoscibili in virtù delle molteplici foglie d'oro che vi sono state applicate negli anni. Il mio suggerimento, qualora fosse possibile, è quello di programmare una visita da queste parti nel mese di Ottobre, quando queste statue, a bordo di un'imbarcazione dorata, vengono portate in pellegrinaggio nei vari villaggi del lago, dove avvengono di conseguenza grandi festeggiamenti. Abbiamo visto alcune foto e si tratta veramente di una gran bella esperienza. Interessante anche il Nga Hpe Kyaung, monastero in teak, noto anche come il monastero dei gatti saltanti, poiché sembrerebbe che i monaci in passato avessero addestrato i locali gatti a saltare attraverso dei cerchi.

 

Il giorno successivo abbiamo raggiunto in un paio di ore di auto Kakku, fermandoci però prima al fantastico Mercato di Nan Pan, il quale ci ha regalato grandi emozioni, confermando ancora una volta lo splendore della gente birmana, anche nei semplici gesti della quotidianeità.

 

Kakku, che da solo potrebbe valere il viaggio, annovera quasi 2500 stupa con stili differenti tra loro. Fino a pochi fa queste zone erano off-limits per i visitatori a causa di alcune guerriglie in atto, ora il sito mostra tutta la sua magnificenza ai turisti, che in verità vi si riversano in massa, malgrado la maggior parte siano birmani.

 

Transitiamo quindi per la caotica Taunggy, capoluogo dello stato Shan e ci dirigiamo alla volta dell'aeroporto di Heho, dove prendiamo il volo per Nyaung-U, dove ci aspettano le meraviglie di Bagan.

 

A Bagan si potrebbero trascorrere anche intere settimane per visitare tutti i suoi meravigliosi templi. Abbiamo deciso di soggiornarvi 3 notti, provando ad ottimizzare al massimo 2 giorni interi, mediante una curata cernita dei templi da visitare. Il primo giorno abbiamo noleggiato delle e-bikes, una sorta di scooter elettrici che, a differenza delle normali biciclette, consentono di potersi addentrare senza problemi anche nelle stradine sabbiose che si diramano dalle strade principali snodandosi tra i vari edifici storici. Il noleggio per 8 ore oscilla generalmente dai 6 ai 10 dollari giornalieri. Il traffico, soprattutto lungo la strada principale ed a Nyaung-U può risultare molto intenso, pertanto occorre fare molta attenzione. Per effettuare le visite ci siamo avvalsi dell'applicazione maps.me https://maps.me/ che funziona molto bene anche offline dopo aver scaricato le relative mappe. La grande differenza con google maps, nel caso specifico, è che maps.me tiene conto anche dei piccoli sterrati e delle stradine interne per tracciare i vari itinerari, inoltre, consente di  fissare i vari segnalibri di colore diverso, utile anche semplicemente per cambiare colore a quelli già visitati.

Il primo giorno iniziamo le nostre visite partendo dall'Ananda Pahto, immenso e molto frequentato anche e soprattutto da turismo locale, dopodiché, parcheggiate le e-bikes, raggiungiamo a piedi il vicino Nathlaung Kyaung unico tempio Hindu rimasto a Bagan, e sempre passeggiando arriviamo quindi alla Thatbyinnyu Phaya. Riprese le e-bikes, raggiungiamo successivamente il Tharabar Gate, dove ci fermiamo per pranzo. Qui conosciamo un taxista locale, con il quale ci accordiamo per l'indomani. Corse illimitate dalle 9 al tramonto, previo compenso di 30 dollari americani. Nemmeno contratto, ci diamo direttamente appuntamento al nostro alloggio per il giorno successivo. Raggiungiamo dunque lo Shwegugyi Temple e successivamente la Bu Phaya, stupa di forma cilindrica ubicato sulle rive dell'Irrawaddy, che parrebbe addirittura risalire al III secolo, risultando forse quindi il più antico tempio di Bagan. Qui troviamo grande aria di festa, con innumerevoli bancarelle e tantissima gente locale, veramente fantastico. Ci spostiamo quindi al Gaw Daw Palin Phaya, meno celebre degli altri, ma a mio avviso veramente bello, oltre ad essere il secondo più alto nell'area di Bagan. Per la gioia della consorte visitiamo quindi il Jasmine Family Lacquerware Workshop, un negozio con annesso laboratorio di lacche, alcune delle quali veramente pregevoli, dopodiché, mentre sta imbrunendo, ritorniamo in hotel.

Il secondo giorno, a bordo del nostro taxi iniziamo le visite dalla Dhammayazika Paya, sormontata da una grande campana dorata, quindi raggiungiamo Nyaung-U, dove visitiamo il mercato locale, autentico tripudio di colori ed odori, poi la Shwezigon Paya, imponente e principale sito religioso della città, che ricorda vagamente la Shwedagon Pagoda di Yangon, dopodiché in seguenza Htilominlo, il Sulamani Phato, ed il Dhammayan Gy Temple, veramente imponente. Da qui, allontanandoci a piedi sui circostanti sentieri sterrati, visitiamo il Myauk Guni ed il Taung Guni, due templi che personalmente colloco tra i più belli di Bagan, forse perché li vediamo in completa solitudine. Quindi è la volta della Shwesandaw, un tempo luogo privilegiato da cui osservare il tramonto, ed infine la Lawkananda Paya, sul fiume, che come la Bu Phaya visitata ieri, annovera un chedi dalla forma cilindrica, ricordante una cupola.

Dal 2016, in seguito al terremoto che distrusse parte dei templi, vige il divieto di salire sugli stessi. In diversi si faranno localmente portatori della verità, suggerendo di accompagnare i visitatori in posti segreti non controllati dove ammirare alba o tramanto, ma in realtà si tratta per lo più di collinette di terra artificiali, appositamente create. Attualmente, il posto "legale" più elevato per veder sorgere l'alba è la Bagan Nan Myint Tower, brutta struttura in stridente contrasto con l'ambiente circostante, che consente tramite salato obolo di 5 dollari a persona di salire sulla torre panoramica. Avendo il volo per Mandalay fissato alle 8 del mattino, abbiamo pensato di recarci a vedere l'alba da quella posizione privilegiata prima di recarci in aeroporto, non facendo però i conti con le decine e decine di cinesi che l'affollavano spintonando ed urlando.

Non la consiglio !

 

Come tutti i voli interni dai noi presi, anche quello per Mandalay atterra e riparte in una frazione di pochi minuti, in questo caso però riparte verso le 07:40, nonostante il volo fosse fissato alle otto... Sulle piste del Mandalay international airport vediamo diversi aerei appartenenti a compagnie cinesi, che hanno voli diretti quotidiani, al punto che Mandalay segna a mio avviso un po' uno spartiacque tra la gente del resto del Myanmar e quello abituato ormai da tempo ai torpedoni, come sarà ad esempio presto confermato dall'insistenza pressante dei vari venditori di souvenir presenti nei luoghi più visitati, assolutamente mai riscontrata finora.

 

In aeroporto troviamo ad attenderci Soe Moe, con la quale partiamo alla volta della Sagaing Hill visitando la Soon U Pon Nya Shin Paya dalla quale si gode di una bella vista sul fiume e le colline circostanti disseminate da pagode, poi l'U Min Thonze con le sue 45 statue raffiguranti Buddha, disposte a semicerchio all'interno di un corridoio porticato, quindi scendiamo dalla collina andando a visitare l'Aung Myae Oo Monastic School, una scuola monastica a cui vengono affidati i bimbi generalmente abbandonati dai genitori meno abbienti, che non sono in grado di mantenerli. La scuola monastica, sovvenzionata dalle donazioni, riesce a dare loro istruzione, cure, ed un possibile futuro. All’epoca della sua fondazione, nel 2003-2004, la scuola annoverava 31 bimbi e 6 insegnanti. Oggi gli insegnanti, diversi dei quali volontari stranieri, sono complessivamente 90, ed i bimbi ben 3330. Visitare questa scuola ha rappresentato un autentico tuffo al cuore, grazie a questi magnifici bambini, che in virtù dei sorrisi e della loro gioia, hanno rallegrato la nostra giornata di viaggio. Il mio invito a coloro che visitano Mandalay è di farvi visita. Anche solo pochi centesimi costituiranno per questi splendidi bambini qualcosa di estremamente importante.

Prossima tappa il Mya Satkyar Monastery, dove assistiamo alla processione dei monaci che si recano a pranzo, dopodiché attraversiamo in barca l'Irrawaddy per approdare ad Inwa (Ava), che a partire dal 1364 è stata quattro volte capitale del regno di Birmania. Qui l'impatto turistico, soprattutto asiatico, è forte ed evidente, malgrado il luogo sia altamente spettacolare, essendo sostanzialmente rurale, con risaie a perdita d'occhio e disseminato da stupa ed edifici monastici. Lo visitiamo in calesse, fermandoci prima al Bagaya Kyaung, monastero costruito interamente in legno di teak e costituiti da 267 tronchi, poi procediamo visitando in ordine la spettacolare Yadana Hsemee Pagoda, la Myint Mor Taung Pagoda, ed il Maha Aungmye Bonzan Monastery. Raggiungiamo quindi Amarapura, arrivando al famoso U-Bein Bridge, il ponte pedonale in teak più lungo del mondo, che attraversa il lago Taungthaman. Il posto è famoso per il tramonto, purtroppo oggi è una giornata estremamente nuvolosa, pertanto dovremo rinunciare nostro malgrado allo spettacolo.

Il mattino seguente ci dirigiamo molto presto al tipico mercato della ferrovia, il quale non è un posto turistico (infatti non ci saranno altri visitatori occidentali a parte noi), ma un caratteristico mercato locale, allestito lungo un binario di una ferrovia. Girare tra i vari banchi e la gente, rappresenta per noi già uno spettacolo unico, poi, quando all'improvviso iniziano a spostare la merce disposta sulle rotaie, mentre il treno si avvicina fischiando, si raggiunge davvero l'apoteosi. Raggiungiamo quindi la celebre Mandalay Hill, e successivamente il Shwenandaw Kyaung, meglio conosciuto come il monastero del palazzo d'oro, costruito in legno di teak e famoso per i suoi bassorilievi interni. Anche qui, come in moltissime altre occasioni, mia moglie e mia figlia sono state oggetto di grandi attenzioni da parte delle giovani locali, desiderose di farsi scattare centinai di foto in loro compagnia. Giungiamo quindi alla Kuthodaw Paya, suggestiva pagoda dorata circondata da altri piccoli stupa bianchi, all'interno dei quali sono collocate 729 lastre di marmo, su cui sono scolpiti i 15 libri dei Tripita­ka, le scritture buddhiste classiche, costituendo di fatto il libro più grande del mondo. Dopo aver visitato il mercato della giada, dove vengono lavorati e venduti soprattutto a commercianti cinesi grandi lastre grezza di questa pietra, per pranzo siamo stati invitati da Soe Moe, la quale ci ha dato una dimostrazione di come si cucina il tipico curry birmano, preparando in casa sua curry con pollo e curry con pesce. Nel pomeriggio salpiamo alla volta del villaggio di Mingun, navigando placidamente sul fiume Irrawaddy per una quarantina di minuti. Qui la parte del leone è recitata dalla super immortalata e bianca Mya Thein Tan Pagoda, costituita da sette terrazze ondulate, che rappresentano le set­te catene montuose che circondano il Monte Meru, ovvero la mitica montagna dell’u­niverso buddhista. Presenza massiccia di turisti cinesi caratterizzano il posto, che per fortuna abbiamo visitato nel tardo pomeriggio. Visitiamo quindi la Mingun Bell, la più grande campana del mondo, dal peso di circa 90 tonnellate e successivamente la Mingun Paya, la cosiddetta pagoda incompiuta, che sarebbe diventata la più grande del mondo se non fossero interrotti i lavori alla morte del sovrano che ne ordinò la costruzione. Malgrado sia oggi visibile solo un terzo di quanto fosse stato progettato, l'edificio è comunque enorme, misurando i lati della base circa settanta metri. Il giorno successivo, prima di lasciare la città ed il Myanmar visitiamo la Mahamuni Paya, al cui interno è custodita una statua di Buddha seduto dell'altezza di 4 metri e considerata una delle più sacre in assoluto in tutto il paese. Della medesima statua si riconosce solo il volto, poiché tutto il corpo è ricoperto di foglie d'oro per uno spessore di oltre 15 cm. Mi viene permesso in quanto uomo di seguire a mia volta questa pratica, mentre ciò non viene consentito a mia moglie e mia figlia.

 

Lasciamo la Birmania con un senso di appagamento, il paese ci ha dato veramente tanto in questi giorni e lo colloco personalmente in cima al podio delle nazioni visitate nel sudest asiatico. Difficilmente potrò mai dimenticare gli infiniti "mingalabar", i sorrisi spontanei e la genuinità del suo popolo, a cui auguro il più lontano possibile di perdere la tenerezza.